Dall’avocado ai kiwi : l’Italia diventa un hub per l’intera Europa
L’ avocado sarà la nuova mela? E il mango prenderà il posto delle nocciole? Una provocazione che non sembra fantascienza, perlomeno stando ai dati elaborati da Fruitimprese. Nel 2023 l’Italia ha mantenuto stabili sui 3,4 milioni di tonnellate (-0,9% rispetto al 2022) le quantità di frutta vendute all’estero, ma gli storici campioni dell’export tricolore (come mele, uva e pere) hanno perso terreno, penalizzati da un’annata particolarmente difficile. Meglio sono andati gli agrumi (+9,9%) e il kiwi (+13,2%). Ma più positivo ancora è stato il trend delle esportazioni di frutta tropicale, cresciute del 20,9% arrivando a 147mila tonnellate. Una cifra importante, pari al doppio dell’export di frutta secca e ai due terzi di quello di agrumi, due famiglie di prodotti storici della frutticoltura italiana.
A valore, invece, con i suoi 143 milioni di euro di export, la frutta tropicale è ancora lontana dalla frutta secca (415 milioni) e dagli agrumi (284 milioni) ma avanza più velocemente (+22,4% sul 2022). Complessivamente, prende la via dell’export circa il 13,5% della frutta tropicale importata in Italia (era il 12% nel 2022), le cui quantità sono cresciute del 7,4% rispetto al 2022. «L’aumento delle importazioni di frutta esotica, in arrivo soprattutto nei porti di Genova e Livorno, si deve sia alla crescente vocazione dei nostri operatori a fungere da hub per il mercato europeo sia al trend positivo dei consumi interni» spiegano in una nota da Fruitimprese.
Quello che gli operatori italiani vendono all’estero non sono tanto gli avocado o i mango coltivati in Sicilia, Calabria o Puglia, che rappresentano ancora una nicchia. Sono soprattutto banane, che nel 2023 hanno toccato il record delle 800mila tonnellate importate per oltre 550 milioni di euro, e di ananas, stabili sul 2022, a cui si aggiungono altri frutti, come avocado, mango e cocco. Questi frutti vengono distribuiti anche in Europa, dai paesi dell’Est ai mercati storici, come Francia, Germania e Austria. Un’attività di trading che va di pari passo con la crescita della domanda europea di frutta esotica e che coinvolge molti operatori del settore. Sono soprattutto aziende specializzate e di grande esperienza, come la ligure Orsero e la romana Abc. È nata nel 1927, con l’import di banane, la bergamasca McGarlet, che importa frutta esotica da una cinquantina di paesi. «Abbiamo sempre puntato sull’alta qualità e sul servizio tailor made per i nostri clienti. Ma abbiamo costi più alti (soprattutto del lavoro) che ci rendono meno competitivi a livello internazionale. Per questo preferiamo concentrarci a lavorare bene sul mercato italiano, che è molto ricettivo».
In effetti, i volumi di frutta tropicale venduti in Italia sono aumentati del 30% dal 2017, guidati da mango e avocado, che coprono il 68% del mercato secondo Gfk. Le banane sono diventate il frutto più diffuso e il secondo più consumato dopo le mele (fonte Cso), tanto da non essere più nemmeno percepite come prodotti esotici. E l’avocado, che cresce a doppia cifra anno su anno da almeno un quinquennio, è considerato uno dei prodotti di maggior successo dell’intero settore alimentare.
Oggi la frutta tropicale è acquistata dal 48% delle famiglie italiane, che la trova in vendita tutto l’anno e non più solo nel periodo natalizio come avveniva sino a qualche decennio fa, quando i buyer erano ancora diffidenti e pretendevano il ritiro dell’eventuale invenduto da parte dei fornitori. La Gdo ha avuto un ruolo determinante perché, avendo necessità di disporre dei frutti esotici per 12 mesi l’anno, ha fatto crescere l’intero settore, sia come produzione che come consumi.
Dove arriveremo?
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