Il bavaglio. La non libertà di stampa
L’ultimo rapporto annuale di Reporters Sans Frontieres non ci gira intorno.
La libertà di stampa è minacciata da coloro che dovrebbero esserne garanti: le autorità politiche.
Tra i cinque indicatori utilizzati per stilare la classifica, infatti, è proprio quello politico a subire il calo maggiore: 7,6 punti a livello globale. Il 2024 è l’anno in cui la metà del mondo si recherà alle urne ma, la libertà del giornalismo soffre ed è scarsa nei tre quarti degli Stati.
La classifica vede al primo posto la Norvegia, seguita da Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia ed Estonia. L’Europa è l’unico continente in cui ci sono ben otto Paesi dove la libertà di stampa è considera- ta «buona», e altri diciotto, tra cui la Francia e la Germania, in cui il punteggio è «soddisfacente».
L’Italia, al 46esimo posto, è la prima delle nazioni con un indice «problematico», avendo perso cinque posizioni rispetto all’anno precedente.
Secondo Rsf il problema è che ci sono Paesi, come l’Ungheria, Malta e la Grecia, in cui alcuni gruppi politici «alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli». Altri, invece, agiscono in modo più sottile con «un’acquisizione del sistema mediatico». E qui viene citata, riferendosi ad Angelucci, «l’Italia di Giorgia Meloni dove un membro della coalizione parlamentare al potere sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa (Agi)».
A livello internazionale, riferendosi alla guerra in Medio Oriente e all’Ucraina, l’ong sottolinea la «mancanza di volontà politica» nel far rispettare i principi di protezione dei giornalisti, in particolare la Risoluzione 2222 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sono stati più di 100 i reporter morti a Gaza.
In America Latina l’Argentina precipita dal 26simo al 66simo posto dopo l’elezione del nuovo presidente Javier Milei, definito «un predatore della libertà di stampa» che «ha fatto chiudere la più gran- de agenzia di stampa del Pae- se (Telam) con un atto simbolico preoccupante». La situazione sta, invece, migliorando in Cile e Brasile.
Nell’Europa orientale e in Asia centrale, la censura dei media si è intensificata imitando in modo spettacolare i metodi repressivi russi, sopratutto in Bielorussia (167° posto), Georgia (che è passata dal 77simo al 103° posto), Kir ghizistan (120° posto) e Azer baigian (164° posto). L’influenza del Cremlino è arrivata fino alla Serbia (passata dal 91° al 98° posto).
In fondo alla classifica c’è l’Eritrea (180simo posto), preceduta dalla Siria e dall’Afghanistan dei talebani che perde 26 posizioni.
Ognuno di noi ha un dovere morale - non tacere .
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