Una sfida esistenziale - il futuro dell’Europa tra innovazione, energia e sicurezza
Rilancio o declino. Draghi nel suo rapporto di qualche giorno fa sulla competitività europea non sceglie mezze misure e avverte che per invertire la rotta attuale servono cambiamenti radicali in una sfida esistenziale.
L’obiettivo è quello di delineare una nuova strategia industriale per l’Europa. Aumentare la produttività serve a continuare a finanziare «il nostro modello sociale». Diversamente «non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, un leader delle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale».
Quali sono quindi le 3 aree di intervento anticipate già tra le linee in questo cappello ?
L’ innovazione è il primo dei tre settori chiave su cui l’Europa deve agire, con più investimenti ma anche più coordinamento e integrazione, per rilanciare una crescita sostenibile. «L’Europa deve orientare i suoi sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, in particolare sulle tecnologie avanzate», scrive l’ex premier. Per capire il gap: tra le imprese europee con una capitalizzazione di mercato superiore ai 100 miliardi di euro non ce n’è una che sia stata costituita da zero negli ultimi cinquant’anni, mentre tutte e 6 le società Usa con una valutazione superiore a mille miliardi sono state create in questo periodo. Soltanto 4 delle prime 20 aziende tecnologiche globali sono europee. Questa mancanza di dinamismo si autoalimenta: le imprese europee hanno speso 270 miliardi di euro in meno rispetto alle aziende statunitensi nel 2021. In Europa non ci sono abbastanza istituzioni accademiche che raggiungono i massimi livelli di eccellenza. La spesa pubblica per ricerca e innovazione in Europa manca di scala e non è sufficientemente focalizzata sulle tecnologie innovative. La frammentazione del mercato unico impedisce alle imprese innovative che raggiungono la fase di crescita di scalare, e questo a sua volta riduce la domanda di finanziamenti. Così anche se abbiamo molti ricercatori e imprenditori che depositano brevetti, poi non riusciamo a tradurre l’innovazione in commercializzazione. E le imprese innovative che vogliono espandersi sono ostacolate da «normative incoerenti e restrittive». La prova: tra il 2008 e il 2021 quasi il 30% delle startup fondate in Europa che sono arrivate a valere oltre 1 miliardo di dollari ha trasferito la propria sede all’estero, in grandissima parte negli Usa. La battaglia, però, non è persa. Il mondo è alla vigilia di un’altra rivoluzione digitale trainata dall’intelligenza artificiale, che dà all’Europa la possibilità di rimediare alla sua mancanza di innovazione e al declino di produttività. Come? L’Europa deve migliorare i programmi comuni in ricerca e sviluppo e stabilire e consolidare le istituzioni accademiche europee all’avanguardia della ricerca globale. Ma l’Europa deve anche rendere più facile per gli «inventori diventare investitori» e facilitare l’espansione delle imprese di successo. L’Ue dovrebbe poi promuovere il coordinamento tra le industrie e la condivisione dei dati per accelerare l’integrazione dell’AI nell’industria europea.
Il secondo ambito d’azione per rilanciare la crescita europea è l’Energia ovvero «un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività». Ma la transizione energetica sarà un’opportunità soltanto se anche qua come sopra l’Europa riuscirà a «pianificare e a coordinare le sue politiche», sottolinea Mario Draghi nel suo Rapporto. Gli elevati costi dell’energia in Europa rappresentano un ostacolo alla crescita, mentre la mancanza di capacità di generazione e di rete potrebbe impedire la diffusione della tecnologia digitale e dell’elettrificazione dei trasporti. Il prezzo dell’energia frena gli investimenti di circa metà delle aziende europee, che pagano l’elettricità 2-3 volte in più. La decarbonizzazione offre all’Europa l’opportunità di ridurre i prezzi dell’energia e di assumere un ruolo guida nelle tecnologie pulite («clean tech»), garantendo maggiore sicurezza. L’Europa è all’avanguardia sulle energie rinnovabili: più di un quinto a livello mondiale sono sviluppate nell’Ue e la pipeline è ancora forte. Però l’Europa sta sprecando il suo vantaggio a causa delle debolezze del suo ecosistema di innovazione, mette in guardia il Rapporto. In alcuni settori, come il solare, la produzione ora è dominata dalla Cina. Il primo obiettivo per il settore energetico è quello di ridurre il costo dell’energia per gli utenti finali trasferendo i benefici della decarbonizzazione, indica il Rapporto. Che suggerisce innanzitutto di disaccoppiare la remunerazione dell’energia rinnovabile e del nucleare dalla produzione di combustibili fossili. Poi bisogna accelerare la decarbonizzazione in modo efficiente dal punto di vista dei costi, sfruttando tutte le soluzioni disponibili (quindi rinnovabili, nucleare, idrogeno, bioenergia e cattura del carbonio) e con una massiccia mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati. Draghi auspica, inoltre, un’autentica Unione dell’energia, in modo che le decisioni di importanza transfrontaliera siano prese a livello centrale. Ma una strategia della decarbonizzazione non può prescindere da «un piano d’azione industriale per il settore automotive». A questo proposito, l’ex premier raccomanda di evitare un delocalizzazione radicale dall’Ue o la rapida acquisizione di impianti e aziende Ue da parte di produttori stranieri sovvenzionati dallo Stato. Bene invece i dazi sui veicoli elettrici cinesi: contribuiranno a livellare il campo di gioco.
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