Head hunting in salita: candidati disponibili cercasi


Nessuno in Italia arriverebbe (almeno spero ) ad emulare la top manager Qu Jing che catechizzando i propri dipendenti diceva in alcuni video motivazionali diffusi su diversi social «Chi lavora qui deve essere disponibile 24 ore su 24. Si lavora anche 50 giorni di fila e non conta il vostro benessere». E poi ancora. «Il telefono deve rimanere acceso 7 giorni su 7». 

Nel nostro Paese, la ricerca del benessere da parte dei lavoratori sta infatti diventando un fattore di cui non si può non tenere conto, perché sta condizionando sempre di più il mercato del lavoro. Ne è una dimostrazione l’aumento del tasso di rifiuti dei candidati alle proposte di lavoro in fase di selezione che ormai supera la metà, aggravando il mismatch domanda e offerta. Se aggiungiamo poi che i giovani fanno colloqui in maniera quasi compulsiva e sono sempre alla ricerca di un lavoro dove stare meglio, abbiamo un quadro davvero preoccupante che si concretizza nelle innumerevoli interruzioni durante la fase di induction, che si registrano negli ultimi mesi.

Il confronto tra le diverse generazioni mostra un approccio diverso rispetto al lavoro. In un recente studio del politecnico si legge «Sicuramente la GenZ appare come quella più inquieta, capace di rassegnare le dimissioni anche in fase di inserimento e sempre alla ricerca di qualcosa di meglio che consenta di avere dal lavoro maggiore soddisfazione, senza però sacrificare gli spazi privati. Per quelli che oggi sono considerati boomer una volta iniziato un determinato percorso di carriera il lavoro diventava una priorità assoluta, mentre per la GenZ rifiuta questo principio e anzi ha un’opinione negativa di chi oggi sacrifica tutto per il lavoro». 

Se volessimo inquadrare questo fenomeno in 3 dati basterebbe estrapolare dallo studio dell osservatorio che :

- siamo arrivati al 54% dei rifiuti che le aziende ricevono in fase di recruiting da parte dei candidati 

- abbiamo superato il 17% delle aziende che parla di neoassunti che hanno lasciato il posto durante la fase di induction. 

- solo il 9% dei lavoratori dice di stare bene nel lavoro che fa in tutte le dimensioni del benessere e cioè fisico, psicologico e relazionale.

Tutto questo ha un impatto sul lavoro e suicomportamenti che vi si associano perché « 1 lavoratore su 3 nell’ultimo anno si è assentato almeno una volta dal lavoro per motivi di stress o ansia e le aziende che offrono servizi a supporto di questi temi sono soltanto una su due».

La riflessione che fa nascere nelle persone l’idea di cambiare lavoro non tarda ad arrivare: nel mercato c’è quasi un 42% di persone che recentemente ha cambiato lavoro .Le ragioni? 

Quest’anno secondo sempre l’osservatorio «la prima è il benessere e poi vengono la retribuzione e la flessibilità mentre lo scorso anno invece la prima era la retribuzione, seguita da flessibilità e benessere».

A questo punto una domanda sorge spontanea; Se cambiano le priorità delle persone, cambiare azienda serve? 

Dipende . Sempre l’osservatorio ci spiega che il 56%, quindi oltre la metà, di chi lo ha fatto negli ultimi 12 mesi si è pentito ; dato in fortissimo aumento (37 punti in più) rispetto all’anno precedente. «Le risposte delle persone fanno suonare il campanello d’allarme: sembra quasi che il fenomeno del malessere stia diventando strutturale e che non si risolva cambiando lavoro. Questo perché, evidentemente, c’è un tema di aspettative delle persone che rimagono deluse rispetto al lavoro, all’ambiente, al contesto organizzativo, ai valori che erano stati prospettati».

I numeri dell’Osservatorio ci dicono che ben l’88% delle organizzazioni italiane fatica ad assumere nuovo personale e ,in più della metà dei casi, la difficoltà è cresciuta nell’ultimo anno.

Se è vero che «il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è dovuto soprattutto alla carenza di persone con competenze tecniche, come avviene nel 56% dei casi, e soft, come avviene nel 36%, pesa anche la mancata corrispondenza tra quanto offerto dalle aziende e quanto desiderato dalle persone in termini di stipendio, carriera, flessibilità e stile di vita, perché il luogo di lavoro è sempre meno un posto dove le persone “stanno bene”», interpreta l’osservatorio .

Quale è dunque la strada per anticipare e migliorare il futuro ? Sicuramente attrarre e trattenere i talenti!

L’inverno demografico e la scarsità di top player fanno porre su questo tema il focus massimo. Per uscirne le imprese sono corse ai ripari aumentando i canali di ricerca, come sta facendo il 51%, oppure chiedendo il supporto di società specializzate per la ricerca di personale come fa il 45% o anche offrendo salari più alti, come fa il 40%.

Tutto ciò però potrebbe non bastare; mai come oggi il mercato del lavoro nazionale si è aperto e l’osservatorio suggerisce come soluzione definitiva quella di identificare all’interno della propria organizzazione un basket limitato di talenti per i quali offrire per ogni dimensione lavorativa ( economics, grade, partecipazione alla strategia aziendale , work life balance, welfare, benefits)   soluzioni differenziati e migliori del mercato . Potrebbe sembrare uno spreco di soldi ma forse facendo così ci si inizia a proteggere il futuro .

Commenti

Post più popolari

Logistico Dell' Anno

Logistico Dell' Anno
17 Edizione del Premio - Anno 2021

Se governi il problema, conquisti il cliente. Se sottovaluti il problema, perdi il cliente.

Se governi il problema, conquisti il cliente. Se sottovaluti il problema, perdi il cliente.
Grazie @ FOOD ITA per la bella intervista