Infrastrutture : dove siamo?
La storia da sempre ci insegna che chi investe nel futuro, nelle competenze e nelle infrastrutture, gestisce meglio il cambiamento facendolo diventare arma a proprio vantaggio e non pericolo fatale per la propria sopravvivenza.
Senza infrastrutture è impossibile pensare ad una crescita economica né tanto meno ad uno sviluppo sostenibile. Questo è un dato di fatto che appena si ha il coraggio di travalicare i nostri confini nazionali diventa una certezza matematica. Prendete come puro esempio Atlanta dove il potenziamento del trasporto aereo ha trasformato la città in un punto focale di interscambio di mezzi e persone.
Non è un caso infatti che L’ONU trai suoi obiettivi del 2015 abbia chiaramente citato KPI su digitalizzazione, infrastrutture, industrializzazione quando non più tardi di 15 anni fa circoscriveva la sua attenzione "solo" alle leve necessarie a ridurre la povertà sul pianeta.
Come sono state vissute queste linee guida dai diversi stati? In particolare in Italia come ci siamo mossi?
La verità è che purtroppo non ci siamo mossi o forse ci siamo mossi troppo poco.
Solo la tragedia del crollo del ponte Morandi di Genova, ha fatto riemergere l’urgenza da una parte di manutenere le opere esistenti e dall'altro di accelerare la realizzazione di nuove infrastrutture.
Qualcuno si potrebbe chiedere il perché di questa affermazione e la risposta è semplice; nel dramma umano che noi italiani stiamo vivendo (chiunque poteva trovarsi li in quel maledetto momento) vi è un danno economico di enormi dimensioni, figlio dell’incapacità di far coesistere quelle due strade.
Oggi più del 80% delle merci arriva in liguria tramite gomma e in assenza del ponte, con un ponente non comunicante con levante se non con strade statali di difficile percorrenza, i trasporti risultano quanto meno complicati.; se a ciò sommiamo la carenze della rete ferroviaria , che se sviluppata nel tempo avrebbe potuto creare un alternativa valida per il presente ma anche per il futuro, il risultato potrebbe essere deleterio per il nostro paese a tutto vantaggio di Francia o Spagna.
Quando sento parlare di 30.000 posti di lavoro a rischio, solo nella capitale ligure, tremo … Se penso che nella nostra penisola esistono + di 1 milione di ponti ,tremo …. Se fosse vero (attenzione! ripeto se fosse vero ) che di questi solo un 5% è costantemente controllato e monitorato, tremo ….
Tremo anche e soprattutto perché, non avendo bandiere politiche da sventolare, percepisco (ma forse mi sbaglio) che se negli anni 70-80 la realizzazione di grandiose opere era vissuta come slancio verso il futuro, competizione sana verso il mondo non ancora globalizzato; oggi le infrastrutture vengono percepite esclusivamente come un terreno fertile per la corruzione; un problema imbarazzante di paragone con un mondo ormai globale.
Non ci si domanda insomma come controllare eventuali furbi che da investimenti importanti potrebbero trarre gioia personale; si cataloga tutto come inutile e superfluo dimenticandosi che anche l’acqua in taluni momenti della giornata può non servire… ma provate voi a non bere per 1 mese?!?
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